martedì 11 novembre 2008

IL liberalsocialismo esiste ancora



Il liberalsocialismo esiste ancora
Il futuro italiano di una Terza Via

di Leonardo Donofrio (foto)

Interveniamo sul dibattito in corso sulla stampa e nell’opinione pubblica, e diciamo la nostra su una questione che ci interessa in modo particolare: il socialismo è morto?
Si,se intendiamo un certo socialismo “datato”, quello cioè che ha furoreggiato negli anni Ottanta, per essere poi demonizzato all’epoca di Mani Pulite, divenendo in buona sostanza il capro espiatorio di un malcostume politico e di un sistema di corruzioni e controcorruzioni, che in realtà purtroppo non appartiene ( o preferiamo dire apparteneva, anche se gli ultimi avvenimenti legati a Telecom e alle indagini sulla Guardia di Finanza ci fanno temere che utilizzare il tempo passato sia ahimé inopportuno) a questo o a quel partito politico, ma a tutto un sistema sociale, economico e finanziario basato sul clientelismo e sul “ministerialismo”, come diceva Salvemini. Questo ministerialismo, che sempre secondo Salvemini è un sistema molto peggiore dello stesso strapotere della borghesia, non ha in realtà colore politico, ma piuttosto è il frutto di decine di anni, in cui nulla si è fatto per eliminare il male alla radice.
Parliamo ancora di Salvemini, e ricordiamo la sua storica proposta: una Terza Via, cioè un Liberalsocialismo che fosse una reale alternativa da una parte a un socialismo per così dire (allora) rivoluzionario e dall’altra a una destra ottusamente trincerata su posizioni di conservatorismo “a oltranza”.
C’è ancora spazio, oggi, per una proposta di questo tipo, aperta a tutte le nuove esigenze di ristrutturazione economica del Paese e al tempo stesso orientata in modo inequivocabile a stare dalla parte dei più deboli? Noi crediamo di sì.
E chi sarebbero questi “più deboli”? Certamente i lavoratori dipendenti a reddito fisso, in particolare coloro che non riescono, ancora dopo molti anni di studio, di formazione e di concreto lavoro svolto, ad avere la sicurezza del posto di lavoro e anche uno stipendio che garantisca loro una qualità di vita dignitosa. Stiamo parlando del mondo della scuola? Ancora una volta, sicuramente sì.
E siamo convinti inoltre che solo liberando il sistema di reclutamento del personale scolastico a tutti i livelli, dirigenti, docenti e ATA, dalle pastoie burocratiche che lo rendono elefantiaco e punitivo, e quindi, per dirla con Salvemini, deministeralizzando tutto l’intero sistema scolastico italiano, andando verso una liberalizzazione democratica e attenta ai problemi sociali, poteremo finalmente ottenere un sistema scolastico più efficiente, più flessibile e anche socialmente più giusto.
E il sistema scolastico è il modello che riproduce l’intera società. Come scrivevano, allora, su “Giustizia e Libertà” Gaetano Salvemini e Carlo Rosselli, la Terza Via potrà finalmente avviare l’Italia a diventare un paese moderno.
Dai “Quaderni IUniScuola” (Contributo al CONGRESSO SOCIALISTA 2008)

2 commenti:

Staff ha detto...

Federalismo e regionalismo dopo l´Unità d´Italia

In un mondo sempre più in trasformazione, complesso ed inafferrabile, nel quale le persone ed i popoli, volenti o nolenti, sono costretti a vivere in simbiosi, sia pur democraticamente, non sorprende se da più parti si levano voci di soluzioni federali ai problemi dell’integrazione politica in una struttura democratica, escogitando sempre nuove forme di decentramento.
In un simile contesto, il federalismo rappresenta quasi una bandiera da agitare minacciosamente, configurando estreme conseguenze.
A più di un secolo dall’unificazione dell’Italia moderna, la questione del federalismo è al centro della politica italiana.
Gli esponenti del movimento risorgimentale, seguendo lo spirito di una epoca statalista, rifiutarono il federalismo a favore di una monarchia unitaria. Ma con la fine della Seconda guerra mondiale, si è aperta una nuova era dominata dalla minaccia nucleare e dalla realta’ della crescente interdipendenza economica.
Lentamente, il paradigma statalista ha cominciato a indebolirsi a favore di quello federalista, in primo luogo in Europa con la formazione della Comunità Europea sovranazionale.
Non c’e’ quindi da sorprendersi se l’Italia, dopo avere perseguito una concezione statuale rigidamente unitaria per tutta l’epoca moderna, è oggi alla ricerca di soluzioni federali.
L’affascinante e sorprendente storia del federalismo affonda le sue radici nell’antichità. Più di tremila anni fa Mose’, dopo aver condotto il suo popolo fuori dall’Egitto, diede vita alla prima federazione composta dalle dodici tribù di Israele. Proseguendo nel tempo ed alcuni secoli più tardi, i greci dell’Asia minore inventarono il modello confederale nella forma di leghe di citta’ indipendenti. Sul crinale della storia l’antica Roma incentrò il suo Impero su di un insieme di trattati bilaterali con le diverse città e comunità, che vennero collegate costituzionalmente come “foederati” .
Il federalismo ha rappresentato, quindi, un importante caratteristica delle grandi civiltà del mondo classico, dalle quali trae origine la civiltà occidentale.
Gli esempi mirati e con splendidi risultati sia in Svizzera e negli Stati Uniti, costituiscono i più importanti sviluppi di questa storia millenaria. Lo studio del federalismo rappresenta un elemento centrale della catena politica umana, in quanto è capace di coniugare la teoria alla pratica. Ed è grazie alla sua elasticità e alla sua capacità di conciliare esigenze più disparate, che si può bene affermare che un tale sistema politico nel ventunesimo secolo sarà di vasto respiro culturale economico e sociale.
Lo sforzo precipuo delle nuove generazioni sarà quello di disincagliare un dibattito politico che più delle volte sembra arenato nelle strette maglie della demagogia. Secondo un pensiero di uno scrittore francese "il nostro secolo vive l’era delle federazioni".
Senza dubbio, vi è nell’animo umano il desiderio di cogliere un lato idealistico del sociale, onde unire l’aspetto vitale della libertà con quello normativo e oggettivo delle istituzioni, aspirazione che non cessa di suscitare modelli utopici di unione europea e mondiale, in cui viga una perfetta corrispondenza tra libertà e governabilità.
Federalismo e democrazia dovrebbero difendere l’uomo, preservandone l’identità individuale e sociale. Certo, non è facile sfuggire alle magagne della secessione, della conflittualità interetnica, dell’assistenzialismo e del mercato senza regole.
Secondo alcune fonti, in Italia mancherebbero le condizioni del federalismo politico di sana ispirazione. Ma rendiamoci conto che quando si parte da una situazione di separatezza e si cammina verso l’unità, la soluzione federale può portare grande vantaggio sul piano della difesa, delle risorse economiche, delle risorse industriali e in sintesi anche sul piano politico. Noi riconosciamo che ancora oggi lo scontro sociale è duro perché, le esigenze dei federalisti ad oltranza cozzano contro i custodi dell’unità nazionale, bene troppo prezioso, costato molto sangue ai nostri padri, per potervi rinunciare senza nuovi pericoli di guerre civili, Iugoslavia docet.
Dopo il centralismo dell’Italia liberale, del partito-Stato, sotto il fascismo, dopo il centralismo partitocratrico della Repubblica, l’Italia potrebbe tentare la via del federalismo non solo per evitare la minaccia secessionista della Lega, ma per restituire autonomia alla società ed efficienza alla pubblica amministrazione.
Fondamento del federalismo è la concezione pluralista, la sua direzione è l’armonia, il principio regolativo è la solidarietà.
I vantaggi che ne derivano sono sorprendenti: la difesa, le risorse economiche e industriali, l’apparato diplomatico, l’equilibrio nel rapporto tra le diverse istituzioni, l’aumento della formazione politica e del ricorso alle consultazioni elettorali.
In breve,il cittadino ha a che fare con più centri di potere che, tuttavia, non aboliscono il principio dell’unità e della decisione. Al di là delle tante concrete realizzazioni, il federalismo rappresenta l’aspirazione univoca per privilegiare la negoziazione tra i diversi poteri dello Stato, onde salvaguardare le libertà locali ed individuali.
Ricollegandoci a quel mutuo consenso di solidarietà, il federalismo intende ridurre al massimo il sacrificio della identità individuale, privilegiando un ideale di organizzazione che promuova la libertà,lo spirito di fraternità e la pace fra gli stessi gruppi di una nazione.
Non a caso, la radice etimologica del termine latino “FOEDUS” significa patto. Trattasi di un’aggregazione volontaria fra stati per stringere leghe o alleanze diplomamatico-militari temporanee, lasciando ai contraenti la piena sovranità statale e la particolare identità di soggetti autonomi del diritto internazionale, cosi detto “jus gentium”.
A differenza di altri stati europei e a quello degli Stati Uniti, l’Italia ha realizzato l’unificazione con la creazione di uno stato unitario e accentrato.
Il movente su cui fa leva il federalismo è il rispetto delle libertà fondamentali e dell’autonomia di ogni singolo individuo e di ogni comunità. Per dirlo con lo storico C. Cattaneo, il federalismo politico è fondato sull’autogoverno per una piena affermazione dell’autonomia psicologica dell’individuo.
Al tempo del neoguelfismo giobertiano(1843-1848) si pensò ad unificare la penisola senza provocare danni alle singole entità statuali che la componevano. La sfortunata proposta del Mazzini non conobbe albe radiose per un’idea federale regionale; bisognerà attendere il 1865 per l’estensione del modello centralizzato piemontese, riconoscendo quali livelli amministrativi inferiori allo stato solo Province e Comuni.
Con Salvemini,Luigi Sturzo e il partito popolare,alle soglie del primo dopoguerra si levarono voci ardite e progressiste in favore del regionalismo. Ma, per verità storica, è solo dopo il secondo conflitto mondiale e la fine del rigido centralismo ventennio fascista, che la questione regionale entrerà nuovamente nei circuiti dell’agenda politica del governo. Quando più tardi l’Italia si compatterà nell’unità dell’Assemblea Costituente, l’ipotesi di un vero e proprio federalismo fu subito scartata, per timore che esso avrebbe potuto compromettere l’unità nazionale; ma anche, in realtà, per la reciproca diffidenza dei partiti dell’epoca.
Tutto ciò si verificò, vuoi per difetto di conoscenza, vuoi per “ipnosi” europea e prudenza concorsuale.
I partiti politici di ieri, come oggi, sono stati sempre in affanno e piuttosto refrattari nella realizzazione di una pur fortunosa forma federalista.
L’unificazione d’Italia aveva dato un contributo ad un paese con una storia tanto antica e nobile. Un’Italia sempre più ricca, ma fiaccata ed indebolita da problemi culturali e regionali aveva fatto emergere forze politiche che chiedevano la trasformazione dello Stato Italiano unitario in un’autentica federazione. Salvaguardare e garantire i diritti civili e i diritti sociali riconosciuti agli individui, dipende dalle decisioni dei singoli stati federati.
Tali scelte, spesso, variano da stato a stato,determinando situazioni di diseguaglianza tra i loro cittadini, ma,a volte,possono pure convergere generando una situazione di uguaglianza.
Se sussistono squilibri territoriali di carattere economico-sociale,ancora di più il federalismo può divenire fattore di diseguaglianza.
Il dibattito politico e dottrinario, in atto nel nostro Paese, intende approfondire i contenuti delle problematiche inerenti le riforme costituzionali in materia di decentramento territoriale dei poteri, approfondendo i rapporti fra la tutela dei diritti civili e sociali e la forma di stato. Forse i pilastri su cui dobbiamo orientare la nostra attenzione sono: la sanità,i servizi sociali e l’istruzione.
Ecco perché, si è posta particolare attenzione sull’incidenza del TITOLO V,fondamentale per la vita di ogni società che modifica l’intero assetto istituzionale italiano. Di converso,dobbiamo ricordare che la legge costituzionale Nr 1 del 1999 ha introdotto l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni e l’autonomia statuaria.
Anche la legge costituzionale Nr 3 del 2000 ha prodotto grandi mutamenti, tra cui vale richiamare la definizione della Repubblica quale soggetto composto da Comuni, Città Metropolitane, Provincia e Stato, con le conseguenze che ne derivano in ordine all’interpretazione della PARTE I° della Costituzione; la possibilità del regionalismo differenziato;la nuova centralità della potestà legislativa regionale rispetto ai poteri legislativi statali(e la correlativa eliminazione dei controlli governativi o nelle leggi regionali); la riformulazione della potestà regolamentare; la rimodulazione delle regole relative alla distribuzione delle funzioni amministrative (e,di nuovo,l’eliminazione dei controlli esterni); i nuovi principi in ordine alla distribuzione delle risorse finanziarie;i diversi rapporti che vengono creati fra Regione-Stato e Unione Europea nel contemporaneo processo di democratizzazione delle strutture istituzionalizzate e di allargamento a nuovi stati. Poiché il federalismo si basa sul concetto di patto, esso è capace di plasmare il comportamento politico emergendo come fattore determinante e significativo. Oggi dobbiamo convenire che, a partire dagli anni Novanta, il federalismo sta avanzando precipitosamente come forza propulsiva, configurando tutte le maggioranze in una pluralità di gruppi.
Esso rappresenta anche un modo particolare di affrontare i problemi politici,collegando mirabilmente teoria e pratica.
Il lento e tortuoso cammino verso il decentramento dei poteri e delle funzioni è sempre più “in itinere” ; con la cosiddetta legge BASSANINI e il successivo decreto legislativo del Marzo1998, si apre, successivamente una via amministrativa al federalismo.
Vengono previsti trasferimenti dal centro alle regioni e agli enti locali di tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità,nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici; -legge Nr 59, art.1-escluse una serie di materie che rimangono competenza dello Stato, elencate nella medesima legge.
La valutazione di questo processo è ancora in corso, ma l’importante è la sua messa in “funzionamento”, pur con una certa esperienza limitativa.
Le innovazioni sono ancora rilevanti:LIGA VENETA, LEGA LOMBARDA, LEGA NORD, movimenti regionalisti “ante litteram”,hanno riscosso significativi consensi,per un più spinto regionalismo e un vero e proprio federalismo, pena la secessione!
Per quel che ci concerne, la storia cammina con gli uomini e al passo dei tempi con trasformazioni e nuovi sviluppi. Dunque siamo al momento clou del nostro secolo.
08/11/2006

Staff ha detto...

NAPOLI offuscata dal sole della criminalità e della delinquenza: scuola e famiglia speranzosi germi di libertà e legalità.


Napoli, splendida città di mare, di sole e di cielo azzurro, si presenta in questi giorni nel grigio quotidiano del suo destino, in bilico fra legalità e trasgressione. Una megalopoli con mille problemi che consuma il suo vivere in una danza di parole, diventando malefica ossessione all’ombra del Vesuvio. Un vasto agglomerato urbano posto sotto assedio, soffocato nelle spire dell’aggressività e della delinquenza, dove la camorra è sbizzarrita e i clan sono contrapposti. Si è parlato anche di una “militarizzazione “ in atto. Si aggiornano le conte degli omicidi con regolamenti inappuntabili, afferenti allo spaccio di droga, usura, racket ed estorsioni. La furia omicida non risparmia nulla e nessuno. La dignità dell’uomo sembra non esistere più. Il clima di tanta esasperazione deriva da un degrado di determinati contesti sociali e culturali. Questa terra celebrata da storici e poeti, sembra velata da miseria e tristezza. La “stanza ospitale delle muse” nota per la salubrità del clima mite, per gli ordinamenti civili, per gli studi che vi fioriscono, per la religione e l’urbanità dei costumi, per la sua calda cordialità, è stretta alle corde e non lascia spiragli di sviluppo. La genialità dei suoi uomini è appannata da nembi di polvere e di denigrazione. Chi l’ha magnificata nel passato, oggi la disprezza. A volte, le piazze e le vie sono costellate di sangue, morte e tragedie annunciate. Dal cuore un solo grido: “OH TERRIBILE DOLORE DI ESSERE NAPOLETANI”! Dopo le belle feste degli anni trascorsi ed il “nuovo rinascimento bassoliniano” degli ultimi anni, si è arrivati improvvisamente al peso del vivere. I nostri occhi sono carichi di angoscia indicibile, in uno scenario di inquietudine esistenziale. La macchina della giustizia si è inceppata, si è sfrangiata, sfiocchettandosi in mille rinvii. È un momento di forte disorientamento, corriamo tutti verso l’insegna del consumismo e della frenesia, quasi immondo pattume, dove la famiglia si trova in dissidio tra il modello tradizionale e nuove forme di convivenza. Così, capita che non tutti sono in grado di cavarsela da soli, nella solitudine indotta di una società anonima e indifferente. E quando quei legami, ormai squarciati, lacerati,logorati dal tempo non hanno la loro salda tenuta, avviene che chi se ne può andare lo fa e basta, senza curarsi della propria responsabilità e dei propri doveri. L’importante è non aver fretta di chiudere le ferite e darsi il tempo per elaborare una storia che dia un senso al bene e al male del percorso compiuto. E il corpo s’affanna a dire, con il goffo linguaggio dei segni, ciò che il pensiero non sa esprimere. Tuttavia “a posteriori”, quando la vita vissuta dispiega gli effetti del suo impareggiabile magistero, ne scoraggiano il senso, e come i brutti sogni, essi svaniscono nell’alba di un mattino. Oggi, una buona fetta di giovani consumati dal bisogno di vivere, prediligono la massima individualistica del “PRIMUM VIVERE INDE PHILOSOPHARI”. Ne deriva, quindi, che l’aspetto opportunistico e tracotante dell’uomo senza scrupoli, in una società variegata con culture diverse e sensibilità estranee alla morale, superi infinitamente il nostro stile di vita, attratti soli da quel grande balzo che porta l’uomo senza cuore alla strategia del dolore e della faida fra i vari gruppi di appartenenza sociale. Così, non è sempre bello sentire raccontare, finanche nelle chiese di tutta ITALIA, i momenti bui e difficili che intristiscono l’affascinante bellezza di una città baciata dal soffio della provvidenza per paesaggio, calore, umanità e genialità di uomini favolosi. La domanda che più frequentemente in molti si pongono è la seguente: qual è il destino di questa città”percossa e abbandonata nelle mani della criminalità”? Chi la salverà? Da dove partire? Che ruolo avranno la Scuola e la famiglia? È difficile definire in modo inequivocabile, se questa fase storica sarà l’azzeramento dei valori socio-culturali o se non saranno di una insofferenza e di una povertà latente che corrode tutti i diversi apparati sociali, superando nuove sfide per uscire “fuori dal pelago alla vita”. L’inaridimento dell’uomo nel perseguire i propri spazi e i propri orizzonti speculativi possono guastare il cuore e, allora, la furberia, la frode, il seducente guadagno, la tendenza farisaica, la tartuferia e doppiezza dei più, come il disincanto del denaro facile, concorre a molteplici ibridazioni, tale da scivolare nel sordido e ripugnante valore del senso della vita. Si rende esplicita la necessità di lottare, gettare via il vecchio lievito, acido e consumato, cercando di educare i giovani alla legalità con opportuni programmi di sviluppo mirati. In questo modo, è sempre bello sperare in qualcuno e credere in qualcosa. Ma tante volte, quelle speranze che qualcuno ha fatto balenare alla vigilia di tanti appuntamenti elettorali, sembrano dileguarsi nel porto delle nebbie. D’onde la recrudescenza del male e la risposta è il terrore, la morte, la faida, l’annullamento dell’altro per spartirsi la torta del benessere a danno di tanti altri bravi cittadini. Le parole in alcuni casi si sprecano e le ferite rallentano a cicatrizzarsi. Le promesse di ieri sono solo un pallido ricordo di una inutile pantomima. Il “refrain” resta invariato: chi ci governa, ora di sinistra, domani di destra o di altra alternativa, affanna comunque, senza imboccare la via maestra per dare fiducia ai più deboli collocati socialmente. Che fare, dunque? Su chi contare? “in primis” supportare la famiglia, cellula dominante del cuore dell’uomo. Per cui, al fin di sopravvivere nel XXI secolo e rispondere alle grandi sfide della nostra epoca, la famiglia deve rappresentare la vera essenza del vivere, l’ossigeno puro e l’energia pulita di ogni città. Ma il guaio è che nell’immaginario collettivo, la famiglia, come la scuola vivono il loro travaglio tempestoso e molti si interrogano sul verificarsi di tanti atti di violenza verso se stessi e verso gli altri. A volte si tratta di fatti di follia, violenza ambientale, denigradazione , vandalismo, bullismo, episodi per lo più disdicevoli. Gli inconvenienti di questi giorni ritornano con grande clamore sui media e la disattenzione dei genitori è talvolta palese: essi sono latitanti. Bisogna entrare nelle pieghe misteriose, personali dei propri figli, incentivandoli verso traguardi luminosi e mirabili: ecco la soluzione. Importante non apparire solo buoni e compiacenti. Meta alta, sublime, radiosa per ogni buona famiglia è la raddoppiata responsabilità verso le proprie creature. Ma per fare ciò, occorre straordinaria costanza ed entusiasmo, direi principalmente”sapientia cordis”. Occorre arginare il rischio dell’emarginazione sociale, contribuendo in maniera equilibrata allo sviluppo socio educativo: fronteggiare le diverse emergenze, promuovendo il benessere dei giovani. Effettuare un lavoro sinergico tra SCUOLA E FAMIGLIA, investendo le migliori risorse con l’obiettivo comune di migliorare la qualità dei servizi, in una realtà urbana complessa e contraddittoria. In questo solco, la Scuola rappresenterà un tassello fondamentale nella costruzione di un contesto giovanile innovativo, capace di produrre sviluppo e cultura, sensibilità e benessere, conservando le capacità propulsive con una vita ricca e costruttiva per una società capace di futuro. I giovani dovranno scoprire il senso vero della loro esistenza e rendersi solidali verso i propri simili. Là dove viene meno la Famiglia e la Scuola, c’è solo sofferenza e ferite laceranti. Non spetta certamente a chi scrive valutare se oggi la Scuola e la Famiglia siano su una strada tortuosa di smarrimento totale; certo i tempi sono tempestosi e noi abbiamo bisogno di una nuova ondata di calore umano, perché fin qui abbiamo imboccato strade che hanno deteriorato l’animo e la mente. I giovani nelle scuole come nelle famiglie rappresentano la luce nella notte: facciamoli crescere sani e forti, senza violenza, odio ed individualismi. Questo mondo ha ancora bisogno di luce e di calore! Il nostro appello a tutte le forze politiche è quello di orientare gli sforzi verso programmi giovanili, validi per la risorsa del Paese, perché solo così il progresso della città sarà fiorente e produttivo. La nostra priorità non è solo quella di occuparci delle emergenze ma di stimolare i più a debellare il male, vero cancro della nostra civiltà. Il “TALITA KUM” evangelico dell’alzati, O NAPOLI, vale ancora per questa città straordinaria, splendida e favolosa. La vera gioia consiste nel credere e noi ci crediamo ancora! Basta una marcia in più per innestare un tocco umano che rappresenta il suggello di tutta la napoletanità.
11/11/2006