L’Emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova i sistemi
sanitari di diversi paesi. I paesi ricchi e scientificamente più avanzati, che
da tempo si accingevano a diramare protocolli per affrontare un eventuale nuovo
microrganismo patogeno e la sua propagazione, oggi ammettono le proprie
debolezze.
La verità è che il desiderio di risparmiare scaturito in seguito alle crisi
economiche degli ultimi due decenni ha portato i governi a tagliare le spese
sanitarie: tra il 2009 ed il 2014, in Europa, si è registrato un calo del 5,9%
dei fondi destinati alla sanità, e questo ha portato ad una diminuzione del
numero di posti letto ospedalieri, che sono passati da 2.810.000 a 2.650.000.
Attualmente, nel vecchio continente, ogni 100.000 cittadini, ci sono 521 letti
disponibili. Nel 2014, più del 76% di questi era destinato ai casi acuti, il
14% alla riabilitazione post-chirurgica, ed il 10% alle patologie croniche, con
varie fluttuazioni da un paese all’altro dell’Unione.
Ciò che invece in questi paesi, nonostante le crisi, ha sempre continuato ad
aumentare, sono state le spese militari.
Al fine di dare un’immagine chiara di ciò che sta accadendo all’umanità, in
questo articolo compariamo quelli che, secondo l’OMS, sono i migliori sistemi
sanitari del mondo, ovvero il sistema sanitario francese e quello italiano con
quello iraniano.
TABELLA DEL NUMERO DI POSTI LETTO
NOME DEL PAESE NO. TOTALE DI LETTI NO.DI LETTI/100.000
CITADINI
GERMANIA 0 823
ITALIA 190000 331
INGHILTERRA 176000 300
SPAGNA 130760 280
FRANCIA 42800066 640
IRAN 110000 1,37
Fonti:
per l’Iran: AVAB: Annuario del Ministero della Sanità, della Cura e
dell’Istruzione Medica – Protocolli e linee guida, statistiche ed informazioni
ospedaliere – rivisitazione del 1396 (anno solare) (2018), disponibile anche in
rete in lingua farsi.
per l’Occidente: Quotidianasanità.it, 10.11.2019 e 23.03.2020
Secondo gli standard dell’OMS, quasi il 10% dei letti ospedalieri deve essere
adibito alla rianimazione; uno degli elementi che permettono di distinguere un
presidio ospedaliero da un altro è proprio l’efficienza del reparto di terapia
intensiva, ed è proprio la mancanza di posti letto e di personale qualificato
che sta mettendo in ginocchio i sistemi sanitari, obbligandoli ad ammettere la
propria incapacità ad accogliere i pazienti e a fornire loro l’assistenza
necessaria.
Fonte: Euronews, 20.03.2020
TABELLA DEL NUEMRO DI POSTI LETTO IN RIANIMAZIONE
PAESE TOTALE LETTI IN RIANIMAZIONE LETTI IN RIANIMAZIONE
PER 1000 CITTADINI
GERMANIA 28000 6
ITALIA 5090 2,6
FRANCIA 5000 3,1
INGHILTERRA 5000 2,5
SPAGNA 4404 2,4
IRAN 5000 0,6
A questo proposito il Dott.Mohammad Mehdi Ghiamat,
presidente dell’Associazione degli Anestesisti e Rianimatori iraniani, ha
dichiarato: “In Iran abbiamo circa 100.000 posti letto ospedalieri. Il 10% di
questi dovrebbe essere destinato alla terapia intensiva, ma in realtà il numero
totale di letti destinati alla terapia intensiva non arriva neanche a 5000.
L’80% di questi deve essere adeguato agli standard del settore. L’aspetto più
importante e problematico riguarda la formazione del personale specializzato,
che al momento non è disponibile.” Egli ha poi aggiunto: “Ogni anno in Iran tra
i 2 ed i 2,5 milioni di cittadini sono vittime di incidenti: il 20%-30% di
questi necessita della terapia intensiva.”
Agenzia Mehr – Settembre 2018
Ora vediamo i numeri del personale che dovrebbe mettere in moto la macchina
sanitaria prendendo come esempio gli stessi paesi di prima.
TABELLA DEI MEDICI
PAESE POPOLAZIONE NO.TOTALE DI MEDICI NO.DEI CITTADINI
PER UN MEDICO
GERMANIA 80,000,000 345000 232000
ITALIA 60,000,000 240000 250000
FRANCIA 67,000,000 209000 320000
INGHILTERRA 67,700,000 183000 370000
SPAGNA 46,700,000 178000 262000
IRAN 80,000,000 97028 824000
Fonti:
per l’Iran: AVAB: Annuario del Ministeri della Sanità, della Cura e
dell’Istruzione Medica – Protocolli e linee guida, statistiche ed nformazioni
ospedaliere – rivisitazione del 1396 (anno solare) (2018), disponibile anche in
rete in lingua farsi.
per l’UE: Quotidianasanità.it, 10.11.2019 e 23.03.2020
Nel Febbraio 2017 il vice ministro della Sanità iraniana, il Dott. Iraj
Haririci, in un’intervista con l’Agenzia Isna (Agenzia iraniana degli studenti
universitari), ha dichiarato: “Attualmente in Iran abbiamo 42.822 medici
generici e 39.892 specialisti, di cui 2480 lavorano nei centri non aperti a
tutti (militari e previdenziali ), 14.314 specializzandi, e 20051 odontoiatri.”
In realtà, ci sono a riguardo voci discordanti. Sempre a questo proposito,
infatti, il Dott. Mohammad Sharifi Moghaddam, Seg. Gen. della Casa dell’Infermiere,
parla di 70.000 medici e 53.000 infermieri. (Aftab Online).
Ad ogni modo in questo articolo sono stati inseriti i dati ufficiali del
Ministero della Sanità, anche se è stata molto spesso riscontrata una
discrepanza del 20-25% tra i dati ufficiali e quelli dichiarati dai
responsabili delle varie strutture.
TABELLA DEGLI INFERMIERI
PAESE NO.DEGLI INFERMIERI NO.DEGLI INFERMIERI PER 100,000
CITTADINI
GERMANIA 893000 10,84
ITALIA 357000 5,95
FRANCIA 681000 10,1
INGHILTERRA 423497 4,61
SPAGNA 256333 5,51
IRAN 125396 1,6
Riguardo al numero necessario e/o sufficiente di
infermieri è necessario fare alcune precisazioni:secondo gli standard
internazionali, nel mondo sanitario, a fronte di ogni medico, ci dovrebbero
essere 3 infermieri, ed ogni infermiere si dovrebbe prendere cura di 4/6
malati.
Secondo l’AVAB, per ottenere una diminuzione del 20% delle mortalità negli
ospedali, ogni infermiere si dovrebbe occupare al massimo di 6 malati, mentre
stando ai numeri forniti dalle istituzioni iraniane, in Iran, per ogni medico,
c’è 1 solo infermiere, che si trova quindi a dover gestire 12 pazienti.
La Sig.ra Maryam Hazrati, vice ministro della Sanità nell’ambito
infermieristico, ha dichiarato: “In ogni società, ogni 10,000 cittadini ci
devono essere 50 infermieri.” (Agenzia Isna)
Harirci, in una conferenza stampa di fine Marzo 2020, ha parlato di 125.369
infermieri in tutto l’Iran. (Sito Sarpush)
Facendo riferimento a queste informazioni, si nota una drammatica carenza di
personale medico ed infermieristico, con la quale il paese si sta trovando a
fare i conti ora, nella lotta all’emergenza Covid-19.
A questo proposito, data la parità del numero di
abitanti, ho deciso di mettere a confronto i numeri tedeschi con quelli
iraniani.
In Iran, rispetto alla Germania, mancano:
247.000 medici;
767.000 infermieri;
23.000 posti letto in terapia intensiva;
550.000 posti letto in altri reparti.
Per non parlare delle strutture necessarie, che servirebbero però solo nel caso
in cui ci fosse il personale per utilizzarle!
Al contrario di quanto avviene con la carenza di personale, la mancanza dello
strumentario è un problema risolvibile: è infatti sufficiente acquistarlo. E
laddove ci sono i fondi necessari, anche altri problemi diventano risolvibili,
vedi la costruzione dell’ospedale cinese costruito a Wuhani in soli 10 giorni.
Per formare il personale, invece, ci vogliono anni:
-6/7 anni per un medico generico ed 11 anni per un medico specializzato
-3 anni per un infermiere, 5 per un infermiere specializzato.
Senza calcolare le altre figure professionali che operano in ambito sanitario:
i fisioterapisti, i biologi, gli addetti ai laboratori…. Si stima che il numero
totale di queste figure si attesti circa attorno alle 130.000 persone.
Ricordiamo inoltre che ciascuna di queste categorie ha bisogno anch’essa di un
suo tempo formazione, e noi, oggi, di tempo non ne abbiamo.
Sarebbe ora interessante considerare la spesa sostenuta per costruire alcune
tra le strutture sanitarie più importanti del paese. Vediamo 2 esempi:
1- l’Ospedale di Astan-e-Ghods Razavi, con una capienza di 320 posti letto
ordinari e 14 posti letto in terapia intensiva, costruito con una spesa di 3000
miliardi di rial, l’equivalente di 19.200.000 dollari, che con il cambio di
oggi equivarrebbero a 30.000.000 di dollari (fonte: sito dell’Ospedale
Astan-e-Ghods Razavi);
2- l’Ospedale Milad di Isfahan, con una capienza di 240 posti letto ordinari,
40 posti letto in terapia intensiva, 55 in terapia sub-intensiva, 40 in
chemioterapia, 30 in pronto soccorso, 27 in sala operatoria, 20 letti per il
post-operatorio e 48 letti dedicati alla lunga degenza, costruito con una spesa
totale di 600.000.000.000 di tuman, il corrispettivo di 38.400.000 dollari.
Restando nel tema “spese” mi sembra doveroso riportare anche le spese annuali
della divisione Ghods dei Pasdaran Iraniani, guidata fino a poco tempo dal
famigerato Soleimani, ed istituita con lo scopo di sostenere l’esportazione del
terrore nella regione. Le cifre sotto elencate riguardano soltanto gli aiuti in
contanti, e le spese reali sono di gran lunga superiori a queste:
1- Hezbollah Libanesi filo-iraniani: 300.000.000 di dollari/anno, sufficienti
per costruire 10 ospedali come quello di Mashhad;
2- Hezbollah Siriani:100.000.000 di dollari;
3- l’organizzazione palestinese Jihad: 70.000.000 di dollari;
4- gli oltre 14 gruppi paramilitari iracheni filo-iraniani: 40.000.000 di
dollari ;
5- l’organizzazione di Hamas (palestinese): 100.000.000 di $;
6- gli Huti in Yemen: 60.000.000 di dollari;
7- a queste cifre dobbiamo aggiungere tra i 50.000.000 ed i 100.000.000 di
dollari, che costituiscono la spesa annuale fuori dal Medio Oriente.
Elenco di seguito gli aiuti destinati ai paesi dell’America Latina: il motivo
per il quale riporto questi dati sarà oggetto di un altro articolo, che verrà
pubblicato in seguito. Nelle fonti si parla di prestiti, ma queste somme non
sono mai state restituite!
1-200.000.000 di dollari all’Ecuador (Fonte: quotidiano Doniaye Eghtesad)
2-150.000.000 di euro al Nicaragua (Fonte: Agenzia Mehr)
3-200.000.000 di dollari a Cuba (Fonte: Ruznameh Asr-e Iran)
4-225.000.000 di dollari alla Bolivia (sito Farda News)
5-1.000.000.000.000 di $ in investimenti in Bolivia per la costruzione di
ospedali (Radio Farda)
Come se non bastasse, a queste somme si aggiungono quelle spese dal regime in
iraniano in Africa. Per quei lettori che si staranno domandano la ragione
dietro alle donazioni degli ayatollah ai paesi esteri: durante questi anni il
governo iraniano ha adottato la strategia degli aiuti economici per inserirsi
nel contesto sociale di diversi paesi, in particolare di quei paesi dove era
presente una comunità islamica, col fine di divulgare la propria dottrina e
reclutare nuovi adepti, successivamente usati per vari scopi.
La teocrazia al potere in Iran ha costruito ospedali nei seguenti paesi,
ignorando invece le esigenze dei propri cittadini:
in Uganda (Agenzia Mehr), in Africa Orientale (sito interpretativo delle
notizie – Asre Iran), in Kenia (Ospedale degli Sciiti) (Agenzia Mehr) ed in
Niger (Asre Iran).
Considerando il costo unitario dei ventilatori polmonari, che ammonta a circa
15.000 euro, e quello dei letti delle terapie intensive, risulta evidente che i
fondi investiti per la costruzione di queste strutture e per l’acquisto dello
strumentario necessario al loro funzionamento avrebbero potuto garantire una
migliore assistenza sanitaria ai mei concittadini iraniani.
A questo punto vorrei fare una piccola riflessione paragonando il comportamento
e la reazione dei governi italiano ed iraniano nell’affrontare l’emergenza
sanitaria venutasi a creare con la scoperta dei primi casi.
In Italia, dopo l’imperdonabile ed ingiustificabile inerzia della politica nei
primi giorni, la regia è stata consegnata agli esperti del settore, che hanno
iniziato a gestire la crisi sulla base delle proprie conoscenze, riuscendo ad
ottenere, nonostante le carenze del sistema, ottimi risultati. L’eroico
comportamento dei medici e del personale sanitario, rimasti in prima fila
nonostante la mancanza dei DPI, che ha causato diverse morti, è stato e sarà in
eterno lodato. In queste circostanze, l’istituzione di un comando centrale, la
trasparenza sui numeri dei contagiati e sulle loro condizioni, il coordinamento
tra i vari attori della scena (l’Esecutivo, la Protezione civile, la CRI e le
Forze dell’Ordine) sono stati e sono tuttora fondamentali per poter organizzare
e gestire l’emergenza, oltre che per poter coordinare ogni decisione e
movimento.
In pochi giorni di mobilitazione è stato implementato ed attuato il progetto di
“distanziamento sociale”. Si è ricorso all’individuazione dei soggetti positivi
e dei casi sospetti, alla mappatura dei loro spostamenti ed infine
all’esecuzione dei tamponi, misura, quest’ultima, che ancora tarda ad essere
applicata su un numero significativo di soggetti.
Per affrontare l’emergenza bisognava infatti partire dalle certezze: la prima
era la mancanza di una cura, e la seconda era che il virus, inevitabilmente,
con lo spostamento delle persone, si sarebbe diffuso. Era quindi necessario,
innanzitutto, attuare il distanziamento sociale, e poi fermare gli spostamenti.
Tutto per due motivi: innanzitutto per non trovarsi con un numero troppo
elevato di pazienti bisognosi di ricovero (superiore al numero dei posti letto
disponibili), e non dover quindi scegliere quali pazienti ricoverare e quali
no, e poi per permettere alla macchina organizzativa di adeguarsi al nuovo
fabbisogno, prevenendo quindi i decessi contrastabili.
In Iran non è stata invece attuata nessuna di queste misure, e l’unica costante
di Italia ed Iran resta l’eroismo del personale sanitario. Il numero di morti
in Iran è infatti a dir poco impressionante.
Occorre innanzitutto precisare che in Iran non esiste nulla di assimilabile
alla Protezione Civile, ed in tutti questi anni il governo non ha neanche mai pensato
all’istituzione di una simile organizzazione. Il regime iraniano continua ad
insabbiare le informazioni relative alla pandemia e a falsificare il numero
reale dei contagiati e dei morti, evitando la messa in atto di ogni misura
cautelativa, ed usando il virus come arma di distruzione di massa contro i
propri cittadini, che negli ultimi 12 mesi hanno scosso le fondamenta del
regime con lcontinue manifestazioni e rivolte. Ecco quindi la causa
dell’elevato numero di morti denunciate nei bollettini sanitari
dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano, la principale forza di
opposizione al regime.
Mi domando: “Com’è possibile dover osservare una situazione del genere in un
paese dalle ricchezze inestimabili come l’Iran, quarto serbatoio mondiale di
petrolio, e secondo serbatoio mondiale di gas naturale? Com’è possibile che in
un paese del genere si sia arrivati al 2020 con soli 90.000 medici e 90.000
infermieri, con soli 110.000 posti letto ospedalieri totali di cui soli 5.000
in terapia intensiva? Com’è possibile che gli operatori sanitari di un simile
paese debbano operare senza DPI?”
La risposta è soltanto nella natura disumana, reazionaria ed anti-scientifica
del regime teocratico.
Mentre l’intera comunità scientifica si accinge a trovare soluzioni per
contrastare il virus, l’ayatollah Tabrizi, sedicente esperto di Medicina
Islamica risiedente a Qom (l’epicentro iniziale della pandemia in Iran) nonché
pupillo di Khamenei, cerca di guarire i pazienti prescrivendo loro urina
d’asino (da bere) e supposte di ovatta di cotone imbevute di olio di violette.
Ed è così che in Iran si sono superati i 12.400 morti.
Dott. Nariman Ardalan
Pavia – Italia
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