Il taglio del cuneo fiscale
previsto dalla legge di Bilancio sarà realtà a partire dal 1 luglio 2020. Ma
c'è un paradosso di non poco conto
È stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale il decreto che prevede l’allargamento da 80 a 100 euro del
bonus Renzi per chi guadagna fino a 28mila euro e una nuova detrazione per i
redditi fino a 40mila euro. Il taglio
del cuneo fiscale previsto dalla legge di Bilancio sarà realtà a
partire dal 1 luglio 2020. Ma c’è un paradosso di non poco conto.
Il taglio del cuneo fiscale
per fasce di reddito
Per la riduzione del cuneo
fiscale sugli stipendi dei lavoratori dipendenti sono stati stanziati 3
miliardi di euro per il 2020. La platea dei beneficiari, tra lavoratori
dipendenti privati e pubblici, aumenta di 4,3 milioni, passando da 11,7 milioni
che percepiscono il bonus Renzi a 16
milioni di lavoratori. Il provvedimento non sarà invece applicato a
circa 100mila persone nella Pa (magistratura, presidenza del Consiglio,
carriere diplomatiche euro e prefettizie, Authority, dirigenza). Ecco come
funziona per fasce di reddito: Redditi fino a 26.600 euro: aumento bonus
da 80 a 100 euro mensili.
- Redditi da 26.600 euro a 28mila:
attualmente non ne hanno diritto, per loro viene introdotto il bonus Renzi
di 100 euro mensili. Fino al 31 dicembre 2020 il bonus complessivo per i
redditi fino a 28mila sarà di 600 euro, mentre per gli anni a partire dal
2021 il bonus passerà a 1.200 euro per ogni anno.
- Redditi da 28mila euro a 40mila:
il bonus Renzi si trasforma in detrazione fiscale equivalente, pari a 480
euro rimodulati, che decresce fino ad arrivare al valore di 80 euro per un
reddito di 35mila euro lordi. L’importo del beneficio va poi a decrescere
fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 40mila euro di reddito. La misura
sarà in vigore solo per i sei mesi del 2020, da luglio a dicembre.
Il paradosso delle aliquote
marginali effettive
Questo quanto prevede la
riforma. Ma dicevamo, c’è un paradosso quantomeno discutibile. Come sottolinea
su lavoce.info Simone Pellegrino, professore associato di Scienza delle Finanze
all’Università di Torino, i benefici concessi ad alcune fasce di lavoratori da
un lato creano una forte disparità di trattamento rispetto ai pensionati, e
dall’altro hanno ripercussioni pesanti sulle aliquote marginali effettive.
Le aliquote
marginali effettive sono le imposte che gravano su un incremento di reddito
e vengono calcolate tenendo conto non solo delle cinque aliquote Irpef legali
(23%, 27%, 38%, 41% e 43%) ma anche delle detrazioni per lavoro dipendente e
carichi familiari, degli assegni familiari e di eventuali bonus.
Esempi pratici
Gli 80 euro attuali già
comportano per gli 1,3 milioni di dipendenti che guadagnano tra 24.600 e 26.600
euro – fascia nella quale il bonus decresce rapidamente fino ad azzerarsi – una
aliquota marginale effettiva che schizza all’80%. Tradotto, ciò significa che
per queste categorie di lavoratori lavorare di più non risulterà più di
tanto conveniente, perché l’80% del reddito aggiuntivo da straordinari se
ne andrà tra maggiori imposte e minore bonus.
Lavorare di più per ottenere
100 euro lordi comporterebbe un aumento del reddito disponibile solo di 20. Non
solo: con il bonus rafforzato questo paradosso riguarderà una fascia di
lavoratori ancora più ampia, tra 5 e 5,5 milioni di persone.
Per chi percepisce redditi
tra 28mila e 35mila euro, l’aliquota marginale sale al 45%, contro il 41 attuale.
E tra 35 e 40mila euro arriva fino al 61%. Una percentuale molto superiore
rispetto all’aliquota legale più alta, quella del 43% che si applica a redditi
oltre i 75mila euro. Cosa significa questo? Che non c’è alcun incentivo a
lavorare di più, perché non conviene.
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